La cura dei disabili pare fosse una pratica diffusa sin dall’età della pietra. La bioarcheologia della sanità, quel ramo dell’archeologia che studia le abitudini sanitarie degli uomini primitivi per ricostruire la loro storia clinica, sostiene, stando ai ritrovamenti, che i nostri predecessori si prendevano cura dei disabili già dall’era del Paleolitico. Le recenti scoperte fatte nella “grotta del Romito”, situata nel parco del Pollino, e le analisi effettuate su reperti rinvenuti in altri siti archeologici raccontano episodi di vita quotidiana di grande valore umano.

A illustrarci la storia di Romito è l’archeologo Fabio Martini dell’Università di Firenze, coordinatore delle ricerche in corso: “Le ossa delle gambe raccontano che rimaneva a lungo accovacciato, mentre i suoi denti, l’unica cosa sana e forte che gli era rimasta, mostrano segni di usura fino alla e questo fa pensare che li abbia usati per un lavoro: per masticare materiale duro come legno tenero oppure canniccio che altri, si può ipotizzare, avrebbero utilizzato per costruire manufatti come cestini o stuoie. Quelle lesioni non trovano nessun’altra giustificazione.”
In base alle ricostruzioni degli esperti, Romito poté quindi contare sull’assistenza dei suoi cari e sulla tolleranza dei contemporanei che provvidero alle sue necessità fondamentali aiutandolo a nutrirsi e a curare l’igiene personale. Privato di tale sostegno non sarebbe sopravvissuto.